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IL GRAFFIO - Corbo: “Fermi, non è Benitez il nome giusto”
27.01.2021 02:04 di Redazione Fonte: Antonio Corbo per “Il Graffio” di Repubblica

Tira un ventaccio sul Napoli. Porta un nome come una nube nera sulla testa di Gattuso. Benitez. Che vi sia stato un contatto tra il Napoli e il compassato giramondo delle panchine non è possibile e neanche probabile. È certo. È altrettanto certo però che Benitez non tornerà al Napoli. Intorno a questo paradosso gira una squadra sbagliata in campo ed una società emotiva nella sede di Filmauro a Roma. È lodevole il lavoro dei cronisti. Si accorgono che il presidente è giustamente furibondo con Gattuso, decifrano i messaggi, rilevano la coincidenza tra l’addio di Benitez al calcio cinese, la sua voglia di tornare in Europa, i buoni rapporti con De Laurentiis, le voci di frequenti telefonate tra i due negli ultimi giorni. Ovvio il titolo sul contatto, scontata la conclusione: sta per tornare Benitez. Anche i blogger che frequentano “Il Graffio” sono interessati. Ne discutono con la solita competenza e passione. Ma c’è sempre un confine: dove finisce uno scoop, comincia la riflessione. La notizia è come un paziente grave. Corrono a prenderlo i bravi cronisti. Antonio Giordano, eccellente collega del Corriere dello Sport, si rivela ancora uno dei più veloci nel correre a prelevare il paziente, lo carica sulla sua ambulanza e lo porta in ospedale a sirene aperte. Che sarà poi del paziente o della notizia? Bisogna guardare oltre. Cominciano le verifiche. Gli approfondimenti. La ricerca delle cause che hanno determinato la crisi del paziente o l’evoluzione della notizia. Senza fretta si mettono al lavoro in ospedale altri profili. Bisogna arrivare alla diagnosi e definire una prognosi. Leggere nel futuro. L’esperienza, la capacità di analisi, il culto della riflessione portano ad una diversa lettura. Bisogna ragionare, il tempo c’è, proviamo a squadernare gli appunti degli ultimi giorni o anni. De Laurentiis è preoccupato, anche indignato. Ed è comprensibile. Legge anche lui Repubblica ed altri commenti. Francesco De Luca, il primo nome, oltre i colleghi Marco Azzi e Pasquale Tina. Ricorda bene il presidente che da qualche settimana emergono forti dubbi sulla guida di Gattuso, rielabora la sua eccessiva fede in un modulo avvincente ma inapplicabile agli attuali giocatori a disposizione. Le criticità più evidenti sono: 1) Alternare i portieri è un compromesso che rende tutti più deboli. L’allenatore e i due portieri. L’organizzazione difensiva migliora attraverso la consuetudine. Il giocatore prima di riparare in caso di emergenza con un retropassaggio al portiere, deve ricordarsi: oggi c’è quello bravo con i piedi alle mie spalle o me la cavo da solo in corner? C’è quello che accorcia sulla linea difensiva o rimane tra i pali ad aspettare? 2) I mediani Bakayoko e Demme sono sufficienti contro le squadre più deboli. Basta il Verona messo bene in campo, con il superlativo Barak e i mediani esterni Lazovic e Faraoni per creare la superiorità numerica al centro. Peggio se Bakayoko cammina e non corre più e se Demme svolazza incauto. 3) La fragilità al centro è acuita a Verona dalle cattive condizioni di Insigne e dalla soggezione di Lozano verso Dimarco, che segna il pari sul lato destro del Napoli penosamente scoperto. 4) Si aggrava il carico di lavoro per Di Lorenzo ormai ossidato dopo aver toccato la Nazionale e sull’indecifrabile Hysaj. Ma volete che De Laurentiis rimanga ad osservare soddisfatto? Comprensibile pure che se la prenda con Giuntoli. Se queste criticità sono così palesi, perché non esercita il suo diritto dovere di parlare con Gattuso? Si legge della solitudine di Gattuso. Perché Giuntoli gli sta accanto in panchina ma non trova un attimo, magari al panoramico bar dell’Hotel Britannique, per aprire il discorso con il compagno-mister? Probabile che abbia tentato. Ma Gattuso non molla. Se questo è lo scenario, giusto che Gattuso rifletta, come più volte è stati invitato a fare nelle analisi di Repubblica e di altri vigili osservatori. Il 4-3-3 è preferibile almeno ora. Con lo Spezia vedremo. Cambiò in tempo anche Sarri prima della partita con il Bruges. La sua umiltà fu premiata. Se questo è lo scenario, è Benitez il nome giusto? Certamente no. Ha fatto bene il Napoli a contattarlo, farà male a riassumerlo. Ecco perché. Benitez si è separato dal Napoli nella notte tra il 26 e 27 agosto 2014 nel viaggio di ritorno da Bilbao. Era accanto a De Laurentis nel volo di ritorno da Bilbao a Napoli dopo il 3-1 del San Mames. Il sensibile e colto gitano delle panchine capì che non avrebbe avuto i rinforzi già chiesti all’agente spagnolo Quilon. Con correttezza proseguì il campionato, ma non senza grane. Il 31 maggio 2015 la sconfitta interna con la Lazio escluse il Napoli dalla zona Champions e introdusse Sarri, protagonista di un brillante triennio. All’alba del giorno dopo, Benitez volò in aereo privato al Real Madrid. Si era congedato consigliando al Napoli una svolta. Impianti, strutture dirigenziale, settore giovanile. Tre legnate. Ma lo stesso Benitez fu commissariato nella fase finale, perché non controllava “gli stili di vita della squadra”. Le distrazioni di alcuni giocatori erano note, non sfuggivano neanche alle informative della polizia giudiziaria, evidentemente senza integrare reati. Bene, sei anni dopo con una crisi economica dilagante nel calcio europeo il Napoli ha deciso di cambiare indirizzo tecnico-finanziario per realizzare le prescrizioni di Benitez, per tornare a spendere nella gioielleria di Quilon, per rifondare il Napoli non avendo grandi richieste dal mercato per i suoi giocatori? Ed è certo il Napoli che i metodi accademici di Benitez siano intanto cambiati per gestire una squadra che solo il 5 novembre 2019 tentò la più isterica e puerile delle rivolte? Se Benitez torna ed è così diverso da accettare tutto, non è più Benitez. Non è più il grande divo, l’allenatore internazionale che il Napoli ebbe il merito di scritturare ma anche la leggerezza di non bloccare a Capodichino il jet privato della fuga a Madrid.

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IL GRAFFIO - Corbo: “Fermi, non è Benitez il nome giusto”

di Napoli Magazine

27/01/2024 - 02:04

Tira un ventaccio sul Napoli. Porta un nome come una nube nera sulla testa di Gattuso. Benitez. Che vi sia stato un contatto tra il Napoli e il compassato giramondo delle panchine non è possibile e neanche probabile. È certo. È altrettanto certo però che Benitez non tornerà al Napoli. Intorno a questo paradosso gira una squadra sbagliata in campo ed una società emotiva nella sede di Filmauro a Roma. È lodevole il lavoro dei cronisti. Si accorgono che il presidente è giustamente furibondo con Gattuso, decifrano i messaggi, rilevano la coincidenza tra l’addio di Benitez al calcio cinese, la sua voglia di tornare in Europa, i buoni rapporti con De Laurentiis, le voci di frequenti telefonate tra i due negli ultimi giorni. Ovvio il titolo sul contatto, scontata la conclusione: sta per tornare Benitez. Anche i blogger che frequentano “Il Graffio” sono interessati. Ne discutono con la solita competenza e passione. Ma c’è sempre un confine: dove finisce uno scoop, comincia la riflessione. La notizia è come un paziente grave. Corrono a prenderlo i bravi cronisti. Antonio Giordano, eccellente collega del Corriere dello Sport, si rivela ancora uno dei più veloci nel correre a prelevare il paziente, lo carica sulla sua ambulanza e lo porta in ospedale a sirene aperte. Che sarà poi del paziente o della notizia? Bisogna guardare oltre. Cominciano le verifiche. Gli approfondimenti. La ricerca delle cause che hanno determinato la crisi del paziente o l’evoluzione della notizia. Senza fretta si mettono al lavoro in ospedale altri profili. Bisogna arrivare alla diagnosi e definire una prognosi. Leggere nel futuro. L’esperienza, la capacità di analisi, il culto della riflessione portano ad una diversa lettura. Bisogna ragionare, il tempo c’è, proviamo a squadernare gli appunti degli ultimi giorni o anni. De Laurentiis è preoccupato, anche indignato. Ed è comprensibile. Legge anche lui Repubblica ed altri commenti. Francesco De Luca, il primo nome, oltre i colleghi Marco Azzi e Pasquale Tina. Ricorda bene il presidente che da qualche settimana emergono forti dubbi sulla guida di Gattuso, rielabora la sua eccessiva fede in un modulo avvincente ma inapplicabile agli attuali giocatori a disposizione. Le criticità più evidenti sono: 1) Alternare i portieri è un compromesso che rende tutti più deboli. L’allenatore e i due portieri. L’organizzazione difensiva migliora attraverso la consuetudine. Il giocatore prima di riparare in caso di emergenza con un retropassaggio al portiere, deve ricordarsi: oggi c’è quello bravo con i piedi alle mie spalle o me la cavo da solo in corner? C’è quello che accorcia sulla linea difensiva o rimane tra i pali ad aspettare? 2) I mediani Bakayoko e Demme sono sufficienti contro le squadre più deboli. Basta il Verona messo bene in campo, con il superlativo Barak e i mediani esterni Lazovic e Faraoni per creare la superiorità numerica al centro. Peggio se Bakayoko cammina e non corre più e se Demme svolazza incauto. 3) La fragilità al centro è acuita a Verona dalle cattive condizioni di Insigne e dalla soggezione di Lozano verso Dimarco, che segna il pari sul lato destro del Napoli penosamente scoperto. 4) Si aggrava il carico di lavoro per Di Lorenzo ormai ossidato dopo aver toccato la Nazionale e sull’indecifrabile Hysaj. Ma volete che De Laurentiis rimanga ad osservare soddisfatto? Comprensibile pure che se la prenda con Giuntoli. Se queste criticità sono così palesi, perché non esercita il suo diritto dovere di parlare con Gattuso? Si legge della solitudine di Gattuso. Perché Giuntoli gli sta accanto in panchina ma non trova un attimo, magari al panoramico bar dell’Hotel Britannique, per aprire il discorso con il compagno-mister? Probabile che abbia tentato. Ma Gattuso non molla. Se questo è lo scenario, giusto che Gattuso rifletta, come più volte è stati invitato a fare nelle analisi di Repubblica e di altri vigili osservatori. Il 4-3-3 è preferibile almeno ora. Con lo Spezia vedremo. Cambiò in tempo anche Sarri prima della partita con il Bruges. La sua umiltà fu premiata. Se questo è lo scenario, è Benitez il nome giusto? Certamente no. Ha fatto bene il Napoli a contattarlo, farà male a riassumerlo. Ecco perché. Benitez si è separato dal Napoli nella notte tra il 26 e 27 agosto 2014 nel viaggio di ritorno da Bilbao. Era accanto a De Laurentis nel volo di ritorno da Bilbao a Napoli dopo il 3-1 del San Mames. Il sensibile e colto gitano delle panchine capì che non avrebbe avuto i rinforzi già chiesti all’agente spagnolo Quilon. Con correttezza proseguì il campionato, ma non senza grane. Il 31 maggio 2015 la sconfitta interna con la Lazio escluse il Napoli dalla zona Champions e introdusse Sarri, protagonista di un brillante triennio. All’alba del giorno dopo, Benitez volò in aereo privato al Real Madrid. Si era congedato consigliando al Napoli una svolta. Impianti, strutture dirigenziale, settore giovanile. Tre legnate. Ma lo stesso Benitez fu commissariato nella fase finale, perché non controllava “gli stili di vita della squadra”. Le distrazioni di alcuni giocatori erano note, non sfuggivano neanche alle informative della polizia giudiziaria, evidentemente senza integrare reati. Bene, sei anni dopo con una crisi economica dilagante nel calcio europeo il Napoli ha deciso di cambiare indirizzo tecnico-finanziario per realizzare le prescrizioni di Benitez, per tornare a spendere nella gioielleria di Quilon, per rifondare il Napoli non avendo grandi richieste dal mercato per i suoi giocatori? Ed è certo il Napoli che i metodi accademici di Benitez siano intanto cambiati per gestire una squadra che solo il 5 novembre 2019 tentò la più isterica e puerile delle rivolte? Se Benitez torna ed è così diverso da accettare tutto, non è più Benitez. Non è più il grande divo, l’allenatore internazionale che il Napoli ebbe il merito di scritturare ma anche la leggerezza di non bloccare a Capodichino il jet privato della fuga a Madrid.

Fonte: Antonio Corbo per “Il Graffio” di Repubblica