L'Editoriale
L'EDITORIALE - Antonio Petrazzuolo: "Grazie Lorenzo Insigne, nell'addio le lacrime dell'eterno amore"
16.05.2022 23:55 di Redazione

NAPOLI - Una vita nel Napoli, 433 presenze, 122 gol, 95 assist, svariati tiri a giro, due Coppe Italia, una Supercoppa italiana e sogni sfiorati. Nella mente tante immagini, ciò che poteva essere e non è stato per un soffio, come quest'anno. Il rapporto con i tifosi che ti hanno amato non è mai stato messo in discussione, incluso chi ha sempre apprezzato le tue doti tecniche mentre in tanti preferivano contestarti per quel carattere timido, per certi versi poco ruffiano, introverso, che in alcuni casi ti ha fatto anche sbottare, salvo poi ricordarti poco dopo di essere sempre ligio al dovere. Da Mazzarri che, durante gli allenamenti, ti chiamava teneramente "bimbo", agli scappellotti da fratello maggiore di Paolo Cannavaro, compagno di camera in tante avventure, passando per la crescita con Rafa Benitez da "terzino" a tutta fascia, prima dell'inaspettato passaggio di consegne con i gradi di capitano da Marek Hamsik, leader silenzioso e punto di riferimento costante per tutto lo spogliatoio. E poi la catena di sinistra, con quel fenomeno di Faouzi Ghoulam, fino ad arrivare a quello che, a mio avviso, resta il tuo vero marchio di fabbrica: finta di sinistro, rientro sul destro e taglio al bacio per Josè Maria Callejon. Quanti gol, quanti saltelli sotto la curva con Pepe Reina, Raul Albiol e Dries Mertens, sognando "un giorno all'improvviso", che comunque speriamo presto possa arrivare. Di quel ragazzo, accompagnato da mamma Patrizia e papà Carmine fuori i cancelli del centro sportivo a Castel Volturno, grazie all’illuminante intuizione di Peppe Santoro seguita dalla bella parentesi al Pescara con Zeman, Immobile e Verratti, ricordo l'essere genuino, gli occhi pieni di speranza, di un giovane diventato presto uomo, con in testa la voglia di ripagare presto tutti i sacrifici compiuti dalla propria famiglia. E poi l'incontro con Jenny, l'amore della vita, il suocero Mario (pronto a fare da solida chioccia in ogni momento), i due figli, gli amici di sempre, e il sostegno dei fratelli Antonio, Roberto e Marco, senza dimenticare tutti i procuratori che ti hanno seguito, da Fabio Andreotti ed Antonio Ottaiano, fino a Mino Raiola e Vincenzo Pisacane. Insomma tante cose, belle, come il gol al Borussia Dortmund su punizione con la traversa che vibra ancora o a Madrid contro il Real, in spaccata da centrocampo, senza dimenticare la doppietta in finale di Coppa Italia contro la Fiorentina. C'è stato anche qualche momento no, in 12 anni; d'altronde nessuno e' perfetto, ma in quelle lacrime, nel giorno dell'addio, ho rivisto il ragazzino della Primavera che sognava di esplodere in prima squadra ed ha chiuso il cerchio. Il 24 e' cresciuto, e' diventato campione d'Europa con la 10 della Nazionale, ed ora stacca il biglietto per una nuova esperienza in Canada, consapevole di ritrovare al suo rientro una citta' che gli sorridera', come un papa' fa con il figlio quando ritorna da una vacanza con gli amici. Con il rigore segnato al Genoa, e l'emozione che ne e' conseguita, il giro di campo finale, l'abbraccio con tutti i tuoi compagni, è stato dato un calcio definitivo ai momenti bui: non c'è spazio nei ricordi per l'ammutinamento, la rabbia per i fischi ricevuti, per la maglia lanciata una volta in un gesto che avresti voluto subito cancellare, o per gli scontri con l'allenatore di turno per una sostituzione mal digerita. Resta vivo nella mente solo lo sguardo di uno scugnizzo, dei momenti vissuti insieme e di ogni sussulto provato per un tuo gol. Per questo, grazie Lorenzo. Per aver scritto con noi una pagina di storia ed averci fatto sognare. Insieme. In un unico urlo, un solo cuore, una sola anima. Per sempre.

 

 

Antonio Petrazzuolo
 
 
Napoli Magazine
 
 
Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com
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di Napoli Magazine

16/05/2024 - 23:55

NAPOLI - Una vita nel Napoli, 433 presenze, 122 gol, 95 assist, svariati tiri a giro, due Coppe Italia, una Supercoppa italiana e sogni sfiorati. Nella mente tante immagini, ciò che poteva essere e non è stato per un soffio, come quest'anno. Il rapporto con i tifosi che ti hanno amato non è mai stato messo in discussione, incluso chi ha sempre apprezzato le tue doti tecniche mentre in tanti preferivano contestarti per quel carattere timido, per certi versi poco ruffiano, introverso, che in alcuni casi ti ha fatto anche sbottare, salvo poi ricordarti poco dopo di essere sempre ligio al dovere. Da Mazzarri che, durante gli allenamenti, ti chiamava teneramente "bimbo", agli scappellotti da fratello maggiore di Paolo Cannavaro, compagno di camera in tante avventure, passando per la crescita con Rafa Benitez da "terzino" a tutta fascia, prima dell'inaspettato passaggio di consegne con i gradi di capitano da Marek Hamsik, leader silenzioso e punto di riferimento costante per tutto lo spogliatoio. E poi la catena di sinistra, con quel fenomeno di Faouzi Ghoulam, fino ad arrivare a quello che, a mio avviso, resta il tuo vero marchio di fabbrica: finta di sinistro, rientro sul destro e taglio al bacio per Josè Maria Callejon. Quanti gol, quanti saltelli sotto la curva con Pepe Reina, Raul Albiol e Dries Mertens, sognando "un giorno all'improvviso", che comunque speriamo presto possa arrivare. Di quel ragazzo, accompagnato da mamma Patrizia e papà Carmine fuori i cancelli del centro sportivo a Castel Volturno, grazie all’illuminante intuizione di Peppe Santoro seguita dalla bella parentesi al Pescara con Zeman, Immobile e Verratti, ricordo l'essere genuino, gli occhi pieni di speranza, di un giovane diventato presto uomo, con in testa la voglia di ripagare presto tutti i sacrifici compiuti dalla propria famiglia. E poi l'incontro con Jenny, l'amore della vita, il suocero Mario (pronto a fare da solida chioccia in ogni momento), i due figli, gli amici di sempre, e il sostegno dei fratelli Antonio, Roberto e Marco, senza dimenticare tutti i procuratori che ti hanno seguito, da Fabio Andreotti ed Antonio Ottaiano, fino a Mino Raiola e Vincenzo Pisacane. Insomma tante cose, belle, come il gol al Borussia Dortmund su punizione con la traversa che vibra ancora o a Madrid contro il Real, in spaccata da centrocampo, senza dimenticare la doppietta in finale di Coppa Italia contro la Fiorentina. C'è stato anche qualche momento no, in 12 anni; d'altronde nessuno e' perfetto, ma in quelle lacrime, nel giorno dell'addio, ho rivisto il ragazzino della Primavera che sognava di esplodere in prima squadra ed ha chiuso il cerchio. Il 24 e' cresciuto, e' diventato campione d'Europa con la 10 della Nazionale, ed ora stacca il biglietto per una nuova esperienza in Canada, consapevole di ritrovare al suo rientro una citta' che gli sorridera', come un papa' fa con il figlio quando ritorna da una vacanza con gli amici. Con il rigore segnato al Genoa, e l'emozione che ne e' conseguita, il giro di campo finale, l'abbraccio con tutti i tuoi compagni, è stato dato un calcio definitivo ai momenti bui: non c'è spazio nei ricordi per l'ammutinamento, la rabbia per i fischi ricevuti, per la maglia lanciata una volta in un gesto che avresti voluto subito cancellare, o per gli scontri con l'allenatore di turno per una sostituzione mal digerita. Resta vivo nella mente solo lo sguardo di uno scugnizzo, dei momenti vissuti insieme e di ogni sussulto provato per un tuo gol. Per questo, grazie Lorenzo. Per aver scritto con noi una pagina di storia ed averci fatto sognare. Insieme. In un unico urlo, un solo cuore, una sola anima. Per sempre.

 

 

Antonio Petrazzuolo
 
 
Napoli Magazine
 
 
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